Un mondo di auguri |
Il Racconto
di Natale
di Massimiliano
Benedetto
Foles Nole riconobbe
a stento la sua immagine riflessa nello specchio.
La barba ispida del lunedì ne addolciva i lineamenti spigolosi, donandogli quella bellezza altera e fascinosa che aveva a lungo inseguito da giovane, allorché il naso pronunciato e le orecchie grandi e appuntite ne avevano limitato il successo con le donne. Niente male, pensò,
credo che dovrei provare a tenerla lunga per qualche giorno.
|
Per la milionesima volta ripensò
alla sua vita. Ho un’intelligenza sopra la media, rifletté, sono
laureato in matematica e ho molti pregi. Sono ordinato, cucino bene, generalmente
mi trovano simpatico e profumato come una calda brioche; ma nessuno mi
vuole assaggiare.
Non voleva piangersi addosso,
non la vigilia di Natale, perbacco, non era ancora troppo tardi per ricevere
qualche dono dal destino.
Raggiunto il parcheggio dell’edificio
in cui lavorava, parcheggiò con cura lo scooter tra decine di altri,
meticolosamente appaiati nei piccoli spazi limitati dalle strisce, scese
e infilò con cura il casco sotto la sella.
Si sentì nuovamente
depresso e, curiosamente, cercò rifugio con lo sguardo verso il
cielo, riconoscendo a fatica il volto pallido della Luna, la cui orbita,
dopo il grande disastro, era sempre più distante, mentre la Terra
sprofondava lentamente verso un luminoso e devastante abbraccio con il
Sole.
Si voltò verso il
grande orologio del count down: 8435 giorni alla fine.
Grazie a Nemesis, asteroide
genocida che aveva spostato l’orbita della Terra, l’umanità ha ritrovato
dignità ma ha smarrito il suo futuro, si disse. E io ho sempre convissuto
con una spada di Damocle luminescente, così come tutta la mia generazione,
che non vedrà mai il buio totale e non avrà mai il fegato
di partorire, allattare, cullare né figli né speranze.
Calpestando l’aiuola lussureggiante
(e qui soffocò un sorriso pensando all’immenso giardino tropicale
che era diventata la Finlandia) si bloccò quando sul monitor comparve
Mathias Gronholm, responsabile delle comunicazioni sui cambiamenti climatici.
“Buongiorno a tutti. Sono
incredibilmente stupito”(i suoi occhi sembravano umidi)”di dovervi comunicare
che nelle ultime dodici ore la temperatura del Sole è calata di
oltre 1500 gradi kelvin”.
Fece una pausa. “Pare quindi
che il nostro Sole, dopo miliardi di anni di onorato servizio, si stia
spengendo come una candela bagnata”. Sospirò.”Non diventeremo polli
arrosto, amici, ma preparate coperte calde e tirate la sciolina, tagliate
piante e arbusti perché serviranno fuochi belli grandi per scaldarci.”
Foles Nole, così come
altri duecento che avevano riempito la piazzetta, tornò a occuparsi
del cielo, ora improvvisamente oscuro e minaccioso, forse carico di acqua.
L’aria si ficcava rigida
e pungente nei tessuti leggeri che indossavano, stimolava brividi mai sentiti
e ghiacciava i sudori. Quando a un tratto un tipo alla sua destra indicò
un pulviscolo luminoso che ondeggiava incerto e solo.
E’ neve, gridò la
folla estasiata,tutta di verde vestita. C’era chi saltava sui rami nodosi
delle Dracene, chi abbracciava chiunque fosse a tiro, chi cantava Gingle
Bells, chi piangeva in ginocchio come un marmocchio.
Foles si decise a entrare
per vedere la faccia del capo, si disse che non doveva perdersela per nulla
al mondo, la maschera di quel vecchio muflone.
Salì le scale frettolosamente
urtando contro i rami rinsecchiti degli alberelli di Natale, provocando
il tintinnare metallico delle palle, il rimbalzare delle ballerine e delle
stelline, lo sfrigolio delle pigne.
Le luci degli addobbi parevano
aver ripreso vigore con l’abbassamento delle temperature, così come
i tappeti vermigli e i drappeggi argentati.
La porta dell’ufficio recitava
ancora proverbi natalizi dalla sua maniglia parlante ma Foles era troppo
entusiasta per curarsene, così la impugnò e la spalancò
fremente di gioia, poi urlò:
“Sua signoria! E’ Natale!”.
Babbo Natale si stagliava
imponente accanto al camino, ancora impolverato per l’ultimo tentativo
di scalata, con la barba più grigia che bianca.
Sapeva già tutto.
Si capiva dalla posizione da festività, con le mani sui fianchi
abbondanti e il pancione generoso che prometteva armonia, i bottoni sempre
più impiccati nelle asole e la cintura che pareva troppo corta.
“Foles Nole” brontolò
festoso”o mio elfo preferito! Sella le renne e guarnisci la slitta perché
stanotte la bianca coltre coprirà tetti e botteghe, riavvicinerà
mogli e mariti, svezzerà adolescenti e guarirà i cuori piangenti.
E io sarò tra loro per portare doni, sogni, speranze e vita”.
Foles si levò il cappellino
appuntito e lo scagliò per aria in segno di giubilo perenne.
Domani è Natale, disse,
auguri a tutti quanti.
Vietata la riproduzione.
Il racconto é di proprietà
dell'autore e appare per sua gentile concessione su Porto.it della Enrico
Genna Editore.
|